DYNAMIC PRICING: COME FUNZIONA IN ITALIA?

Ieri (mercoledì 16 ottobre 2024) KeepOn LIVE ha partecipato, come parte di LIVEDMA, al focus dedicato al fenomeno del dynamic pricing in Italia e in Europa, ospitato dal Parlamentare Europeo Pierfrancesco Maran. Abbiamo condiviso alcune osservazioni sul tema:

Ovviamente, il Dynamic pricing è un tema complesso e dalle implicazioni significative fra libero mercato, policy e accessibilità culturale (ma sono cultura i concerti delle dimensioni alle quali si applica oggi il D.P.? Fino a che punto?).

Innanzitutto è importante capire da dove nasce il Dynamic Pricing: a differenza di quanto si pensi non viene dai vertici o dai reparti marketing delle compagnie multinazionali, ma dai manager artistici delle stesse. Una differenza sottile, ma non banale. È partito nel mercato statunitense, dove è diventato ormai una pratica diffusa, con l’intenzione di spostarsi in altri mercati, specie in quello Europeo.

In Italia però (probabilmente per fortuna) esistono barriere strutturali e normative che rendono l’adozione di questo modello particolarmente difficile: infatti, la gestione dei biglietti è affidata a SIAE, che agisce non solo come società di collecting, ma anche come delegata dall’Agenzia delle Entrate per il controllo fiscale. Questo implica che ogni biglietto deve rispettare specifiche regole di tracciabilità e valenza fiscale. Ogni biglietto emesso possiede un codice univoco, che permette di evitare fenomeni come il secondary ticketing e consente un controllo rigoroso sui prezzi applicati. In pratica, nel nostro sistema, i prezzi dei biglietti devono essere decisi in anticipo e rientrare in categorie prestabilite. Esistono delle eccezioni, certo, ma sono consentite solo per sconti o omaggi e devono essere giustificabili; inoltre, l’IVA è applicata solo sul prezzo ridotto, e questo aggiunge un ulteriore livello di complessità. Quindi, mentre il mercato internazionale va verso il Dynamic Pricing, da noi sorge la difficoltà di smontare un ragionamento di mercato che, in altri contesti, è stato accettato e assimilato.

Nel nostro paese, quindi, il tema – specie per i nostri operatori che hanno dimensioni medio piccole, ma che hanno larghissima presenza territoriale – non è direttamente sul Dynamic Pricing, ma come queste dinamiche impattino a livello psicologico sul consumatore anche per altri tipi di eventi (eventizzazione, fomo, logica dell’essere per forza agli eventi con più hype tralasciando il resto). Emerge un problema di tipo etico: é giusto lasciare che il prezzo dei biglietti aumenti senza controllo, solo perché c’è chi è disposto a spendere? Quanto questa concentrazione di capitali impatta su tutta la filiera?

Questo ci porta a riflettere sull’obiettivo che vorremmo raggiungere: bloccare il Dynamic Pricing? Oppure pensare di esplorare soluzioni alternative come un price cap, o meccanismi di compensazione che tutelino il pubblico? Se proprio volessimo andare nella direzione di un pricing più flessibile, potremmo
immaginare un sistema che, ad esempio, garantisca accessibilità per tutte le
fasce di pubblico.

Infine, dal punto di vista europeo, è importante sottolineare che nessun paese, preso singolarmente, ha davvero il potere di cambiare la situazione. Il mercato europeo, pur rappresentando un grande potenziale per gli Stati Uniti, resta diviso dal punto di vista normativo. È proprio per questo che dobbiamo riflettere sul fatto che una vera soluzione potrebbe venire solo da un’azione coordinata a livello europeo. Se riuscissimo a creare una regolamentazione unica, l’Europa potrebbe agire come un unico grande mercato, e questo darebbe maggiore peso alle nostre scelte. Quindi, questa potrebbe essere una buona opportunità per iniziare a ragionare insieme su come ottenere maggiore trasparenza e equità nella vendita dei biglietti per concerti in Italia, ma anche a livello europeo.